Come si può quindi efficacemente difendere l’infermiere?

Dove inizia la responsabilità dell’infermiere rispetto a quella del medico? Esiste una linea di confine?  E può dirsi autonoma rispetto a quella del medico?

E in quali casi entrambi saranno ritenuti responsabili dal giudice penale?

La risposta a queste domande la possiamo trovare in alcune recenti sentenze della Suprema Corte di Cassazione, ma, prima di esaminarle, e per meglio comprenderle, occorre ricordare come “La normativa primaria e secondaria di settore disegna l’autonomia operativa della figura professionale dell’infermiere ed esprime il rapporto tra infermiere e medico non più in termini di subordinazione ma in chiave di collaborazione nell’ambito delle rispettive sfere di competenza, con conseguente assunzione di una specifica ed autonoma posizione di garanzia da parte dell’infermiere in ordine alla salvaguardia della salute del paziente, il cui limite è l‘atto medico

I casi

Alcune  recenti sentenze dalla Suprema Corte di Cassazione  offrono l’occasione per riflettere sulla responsabilità penale dell’infermiere, che nello svolgere la propria delicatissima attività, interagendo con numerose altre figure professionali (i medici, i fisioterapisti, i tecnici di radiologia, etc.), potrebbe essere, suo malgrado, coinvolto in un procedimento penale per omicidio colposo o lesioni personali colpose.

Partiamo da alcuni casi che spesso hanno visto alla sbarra gli infermieri.

Quello statisticamente più diffuso è forse legato alla dimenticanza di garze, strumenti e altro materiale chirurgico.

Secondo la raccomandazione del ministero della salute n. 2/2008 per la prevenzione della ritenzione all’interno del sito chirurgico di garze, strumenti o altro materiale chirurgico,  il conteggio delle garze e degli strumenti è materialmente affidato a personale infermieristico, che deve provvedervi secondo le modalità previste.

L’infermiere che si sarà difeso eccependo che su altri ricadeva la responsabilità di verificare, pertanto, sarà destinata al fallimento, anche perché la giurisprudenza è assolutamente costante nel ritenere che, in questi casi, è responsabile non solo l’infermiere ma anche il capo dell’equipe medico-chirurgica su cui incombe la responsabilità di controllare il campo operatorio prima della sua chiusura (V. in tal senso, sezione IV, sentenza 14 settembre 2021-11 gennaio 2022 n. 392, in Guida al Diritto n. 4/22, pag. 103)

La cooperazione  multidisciplinare non svolta contestualmente

Parole chiare arrivano dalla Suprema Corte anche nel caso in cui più figure professionali agiscano colposamente  anche in tempi diversi.

In tali casi si dovrà avere riguardo alla situazione di pericolo originata da ciascuna condotta colposa, su cui si innesta quella successiva, cosicché ogni sanitario deve conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (V. Cass. Pen., sezione III, sentenza 3 novembre – 3 gennaio 2022, n. 1).

Il ritardo nei soccorsi, un recente caso di responsabilità dell’infermiere

Nel corso della notte un paziente muore a causa di una crisi cardiaca e, alla fine dell’indagine, emerge che i soccorsi sono stati ritardati dalla disattivazione, a cura di un infermiere, dei dispositivi di allarme che avrebbero consentito un pronto intervento.

Il tribunale condanna l’infermiere perché ritiene che la sua condotta ha certamente contribuito a determinare la morte del paziente.

L’infermiere ed i pazienti disabili

La Suprema Corte ha ratificato la condanna per omicidio colposo dell’infermiere che:

in servizio presso una residenza assistita aveva omesso di effettuare le ricerche di un paziente disabile, dedito all’uso di sostanze alcoliche. Il paziente  dopo esser caduto a terra nel tragitto tra un padiglione e l’altro della struttura (Sez. 4 – Sentenza n. 39256 del 29/03/2019 Ud.  (dep. 25/09/2019 ) Rv. 277192 – 01) era di conseguenza era morto  per assideramento.

In tale occasione, pertanto, la Suprema Corte ha affermato che “L’infermiere, come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, è “ex lege” portatore di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità, per l’intero tempo del turno di lavoro”;

…e psichiatrici

Se l’infermiere non segnala eventuali abusi nell’uso dei mezzi di contenzione del paziente psichiatrico, la Suprema Corte è costante nel ritenerlo responsabile.

Per questo ha affermato che  “In materia di contenzione del paziente psichiatrico, l’infermiere è titolare, ai sensi dell’art. 1, legge 10 agosto 2000, n. 251, e del codice deontologico degli infermieri, di specifici obblighi giuridici autonomi rispetto a quelli del medico, essendo egli tenuto a verificare la legittimità della contenzione, affinché sia circoscritta ad un uso straordinario del trattamento, e a segnalare all’autorità competente eventuali abusi Sez. 5Sentenza n. 50497 del 20/06/2018 Ud.  (dep. 07/11/2018 )

L’ultima pronuncia della Suprema Corte

Allo stesso modo spunti interessanti provengono dalla recentissima sentenza dello scorso settembre della sesta sezione penale della Suprema Corte, di cui si riporta la massima:

“In tema di contenzione psichiatrica, l’ infermiere professionale è titolare, ai sensi dell’art. 1, legge 10 agosto2000, n. 251, e del codice deontologico degli infermieri  di una posizione di garanzia che si sostanzia di specifici obblighi giuridici, autonomi rispetto a quelli del medico, in ragione dei quali egli è tenuto a verificare la legittimità del trattamento e a segnalare all’autorità competente eventuali abusi, avuto riguardo alla natura di mero presidio cautelare e non terapeutico della contenzione, che deve essere circoscritta ad un uso straordinario, motivato ed annotato nella documentazione clinico-assistenziale” (Sez.6, Sentenza n.35591 del 02/07/2021 Cc. (dep.27/09/2021)

Conclusioni

Dalla breve analisi effettuata, in conclusione, è possibile affermare che le responsabilità dell’infermiere sono oggi pari a quelle del medico. Non solo, infatti, l’infermiere deve svolgere i propri compiti con diligenza, ma deve vigilare sull’operato anche degli altri operatori sanitari, per il bene del paziente.